Un tempo le foto erano da posa. Quando non ci si poteva permettere di fotografare ogni pietanza, ogni paio di scarpe indossate e ogni espressione a culo di gallina, fare una foto era un’operazione ben ponderata, studiata e molto impostata. Le motivazioni erano innanzitutto di natura economica e di spazio; un rullino conteneva al massimo 36 fotografie, che non basterebbero a fotografare un intero menù da matrimonio siciliano, mettiamo pure che ci si porti più rullini, quanto dovrà costare la stampa? Le fotografie non potevano quindi andare sprecate, una volta scattate, si doveva aver la certezza fossero venute bene. Si doveva inoltre considerare che il primo a vedere le foto sarebbe stato il fotografo di fiducia che già aveva sviluppato le foto del proprio battesimo, sarebbe quindi stato imbarazzante andare a ritirare un mazzo di foto ritraenti te stessa che ti fotografi la panza davanti uno specchio, o che mandi baci immaginari a chi? Che poi il fotografo pensa siano per lui e ti consegna le foto ammiccando.
Le fotografie dovevano immortalare un evento da ricordare, dovevano imprimere sulla carta un ricordo che non finisse per essere dimenticato. Ai tempi dei nonni si andava ancora nello studio del fotografo per immortalare un matrimonio, un battesimo, un fidanzamento già avvenuti. Non vi era nulla di naturale, volti seri, senza sorrisi, molto solenni.
Qualche anno dopo si è iniziato a sorridere nelle foto e se proprio non si trovava alcun motivo per ridere, il tizio che teneva in mano la macchina fotografica, che non era più necessariamente un fotografo, incitava a dire Cheese. Quando si pronuncia infatti “formaggio” in inglese, le labbra assumono la forma di un sorriso.
A riguardo sono stati eseguiti però degli studi dalla Nikon e sembrerebbe che la parola più adatta per far sembrare stiamo sorridendo, sia Ouistiti (pronunciato ui-sti-ti) che in francese dovrebbe significare “scimmietta”, dico dovrebbe che in francese non sono arrivata ad imparare i nomi degli animali, so solo Papillon.
La Nikon ha eseguito un vero studio esaminando diverse foto fatte ad una modella mentre pronunciava 26 parole diverse scelte appositamente da linguisti per la posizione della lingua e labbra. Tra le parole col miglior effetto ci sono:
1. Ouistiti
2. Famiglia
3. Patata (spagnolo)
4. Marmolada (polacco)
5. Zaag eens kaas (“dici formaggio” in olandese).
Da oggi quindi direte tutti scimmietta.
La scoperta delle fotocamere digitali ha reso in primo luogo illimitato il numero di foto e la possibilità di vedere prima della stampa se fossero venute bene o meno ed eventualmente cancellarle. Ancora si portavano però dal fotografo per lo sviluppo.
Ad un certo punto si è smesso di svilupparle e alcune, solo alcune vengono stampate direttamente dai dispositivi messi a disposizione dai vari negozi di elettronica senza tempi di attesa o fotografi che possano prima sbirciare tra le foto.
Poi sono arrivati gli smartphone che sanno fare di tutto, tranne che un caffè, e l’applicazione Instagram.
Con Instagram si è diventati più sfacciati, non si teme più il giudizio del fotografo, non si vuole più immortalare un evento importante ma lo scopo è solo quello di avere più follower.
Io che ancora non ho nemmeno capito l’uso dei diesis nelle didascalie delle foto, ho intuito esistano delle categorie su questo social network:
1. Panza allo specchio. In biancheria intima, o vestiti, con la maglietta tirata su, per fare notare il piattume della panza. Ne ignoro il motivo.
A questa categoria appartengono anche le gravide che invece fanno a gara a chi ce l’ha più grossa. Per sembrare piatta la mia panza dovrei tirare parecchio in dentro e la faccia mi diventerebbe viola. Potrei far finta di essere incinta di 4 mesi, sarei più credibile.
2. Sempre nella categoria “specchio” ci sono i culi, per lo più femminili. Culo rivolto allo specchio, torsione del busto di 180 gradi in modo che anche la faccia sia rivolta allo specchio. Che io dico, sono così contenta di avere il culo in posizione tale da non vederne l’enormità, perché devo fotografarlo, girarmi allo specchio per guardarlo e mostrarlo al web intero? Se potessi ci piazzerei pure le tette sulla schiena, così mi risparmierei pure questa, di vista.
3. Feticisti del piede, o meglio delle scarpe. Foto con posizioni molto improbabili di piedi indossanti scarpe ti ogni tipo. Chi banalmente in piedi, si fotografa le scarpe dall’alto, chi seduto a centro del letto, con i piedi sulle coperte, cosa che a me fa schifo, che basta che qualcuno entri in casa con le scarpe già diventò una iena, figurati se mi sale sul letto con le scarpe per farsi una foto.
4. Colazione-pranzo-cena. Ci sono quelli che prima di consumare un pasto sentono la necessità di ringraziare Dio che nonostante la fame del mondo, i terremoti, le cavallette, le carestie, lui ti stia donando questo pasto, e chi invece prima di mangiare sente l’esigenza di instagrammarlo. Se appartenete all’una o all’altra categoria non invitatemi mai a mangiare insieme.
5. Cosa mi metto? nelle varianti: vestiti, accessori e scarpe sul letto (porcalamiseria le scarpe sul letto no!) oppure tutte vestite e truccate davanti lo specchio prima di uscire.
6. Ascensore, per chi non avendo uno specchio abbastanza grande in casa, si fa la foto davanti lo specchio dell’ascensore.
Io fotografo molto poco, mai me stessa, in genere per me le foto sono legate ad un viaggio o ad un evento particolare.
Alcune cose preferisco imprimerle nella mente piuttosto che nelle fotografie, perchè così riesco a ritoccarle, modificarle e avere alla fine un’immagine migliore della realtà.