Italiani in fuga

E del fatto che Berlino sia diventata di moda, ne ho giá parlato. È una moda che posso non condividere, che non mi riguarda, ma che é comunque un dato di fatto. Ogni italiano che si sia trasferito da almeno un mese a Berlino apre un blog su questa cittá, un forum o un giornale, o ne scrive forse un libro.

Il fatto peró che questa cittá diventi un rifugio di “Italiani in fuga” questo proprio non riesco a concepirlo. In fuga da cosa? In fuga sono le persone che scappano da un pericolo imminente, che scappano dal proprio paese perché in guerra, o perché minacciati; in fuga sono i criminali, coloro che scappano dalla giustizia, dal carcere. Perché gli italiani sono in fuga? Da cosa?

Ok, in Italia non ci sono grandi possibilitá lavorative. E a Berlino? Quali possibilitá lavorative ci sono in una cittá che vanta il 12,9% di disoccupazione, che non ha grandi aziende e nessuna industria. Quali possibilitá offre una cittá dove un terzo dei suoi cittadini vivi del sussidio sociale, perché lo stipendio che percepisce non gli basta per sopravvivere. Ma soprattutto quali possibilitá lavorative offre in generale una cittá se non parli una parola della sua lingua nazionale?

Ok é vero, il costo della vita é qui piú basso rispetto a molte cittá italiane o tedesche. Sapete peró quanto é difficile riuscire a trovare una casa in affitto? Non siate impreparati e non stupitevi se vi vengono richieste le ultime tre buste paga, a dimostrazione del fatto che siate in grado di pagare l’affitto e che il vostro stipendio sia almeno 3 volte superiore al fitto stesso.

Ok é una grande metropoli, dove si incrociano e convivono tante culture diverse. Ma non stupitevi troppo se negli uffici pubblici nessuno saprá o vorrá rivolgervi la parola in inglese. Del resto mi immagino con molta difficoltá che al municipio in Italia gli impiegati si rivolgano in inglese agli immigrati.

A chi mi dice che peró anche io mi sono “rifugiata” a Berlino, dico che io a Berlino ci sono finita per caso, mio malgrado. Che io non sono proprio scappata da nulla, che ho sempre sognato, dalla prima lezione di tedesco, di andare un giorno in Germania. Che io non ho nemmeno mai provato a cercare un lavoro in Italia, perché non mi interessava.

A chi si aspetta un aiuto dagli italiani che si sono giá integrati in questo paese o in questa cittá, dico che io non ho mai ricevuto nulla, se non dai tedeschi stessi. Che se continuano a cercare il dentista, il medico, il meccanico, l’idraulico il liutaio che parla italiano, non si integreranno mai con la societá e col paese che li ospita.

Chi “fugge” cercando qui un’isola felice si sbaglia. È dura, é piú dura qui che nel proprio paese, perché si deve iniziare da zero: non hai amici, non hai la famiglia, non hai casa, non hai un lavoro. Dimentica la laurea, rimboccati le maniche e inizia lavando piatti. Circondati di italiani solo quando la nostalgia di casa si fa sentire e hai bisogno di parlare la tua lingua, di incontrare la tua gente. Non disprezzare mai il posto da dove vieni e non descrivere questa cittá come la migliore possibile. NOn denigrare la tua gente e non decantare i tedeschi come persone migliori.

E soprattutto. non chiamarla fuga. Chiamala scelta di vita. Ma non fuga.

rai (quasi) di tutto, sempre di meno

I primi anni di permanenza in Germania, ho pensato di disintossicarmi, tra le altre cose,  della tv italiana. NOn che quella tedesca sia migliore, ma almeno fino ad un certo orario meno volgare. E all’inizio ti fa pure piacere non avere alcuna idea di cosa stiano parlando i tuoi vecchi amici quando parlano di intrattenimento, tiri un respiro di sollievo quando non hai idea non solo di chi ha vinto l’isola dei famosi, ma che non sai nemmeno se quest’anno l’hanno ancora trasmessa.

Poi peró cambia. Ad un certo punto, dopo esserti disintossicata per bene, quasi ti dispiace non avere idea di cosa parlino a volte i giornali, quasi ti dispiace perderti certe trasmissioni o sceneggiati di produzione italiana e cerchi di risolvere questa lacuna. La soluzione piú semplice, a portata di mano é internet. Eppure certi progammi in internet non si possono vedere, non all’estero. Cioé se sei in Italia e non paghi il canone rai puoi ad ogni modo vedere “il giovane Montalbano” sia in TV che su internet. Io no. Nemmeno in Internet, e nemmeno dopo mesi che é stato mandato in onda.

Altra soluzione: via satellite. Qui é parecchio complicato. Per poter mettere l’antenna parabolica devi chiedere il permesso all’amministrazione condominiale, se poi, come nel mio caso, abiti in un Altbau (edifici costruiti prima della seconda guerra mondiale e che godono di una protezione particolare) allora ottenere un permesso é veramente difficile. Ma qualora riuscissi ad ottenerlo, tranquillo: non vedrai ad ogni modo tutte le trasmissioni.

terzo tentativo: hai la fortuna di avere la tv via cavo inclusa nel prezzo di affitto, come me. Allora chiedi alla compagnia che fornisce tale servizio (Kabeldeutschland) un abbonamento extra (oltre a quello che giá paghi per la tv via cavo) che ti consenta di vedere: Rai 1, 2 e 3. E dopo aver fatto il contratto che ti lega per 2 anni, ti rendi conto che nemmeno questo basta.

Io non sto parlando di partite di calcio, come quella di stasera della nazionale, dove si puó avere la scusa di non disporre dei diritti üer trasmettere la tv all’estero, parlo anche di telefilm come quello che non onosco che hanno trasmesso ieri sera (giovedí) su rai3, dove al posto suo per circa due ore la rai trasmetteva solo per noi italiani residenti all’estero:

” Per Alcuni programmi la Rai non dispone dei diritti di diffusione all’estero”

dove non penso affatto che il problema sia l’estero, quanto la rai

l’ultima e unica soluzione per poter vedere tutte le trasmissioni rai é farsi l’abbonamento sky, che io mi rifiuto a fare, e che comunque non posso economicamente permettermi.

Ovviamente ignoro il motivo dell’esistenza di Rai International, dato che non si prende affatto.

Ma la Rai non é un servizio pubblico? NOn é un mio diritto di cittadina italiana poter usufruire anche di questo servizio, al fine di poter sempre mantenere un rapporto con la mia patria, o sbaglio?

Da grande voglio fare Dio

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Non sono credente. Cioé non mi ci sono poi soffermata tanto a pensare se esiste un’entitá superiore a me, ad occhio e croce direi proprio di no. Dovesse esistere un Dio, bhè vorrei fossi io. Non datemi dell’eretica, pensateci se il principe Filippo, che é riconosciuto essere un coglione, puó essere un Dio, allora anche io posso esserlo. NOn ci credete? Pensate che se il marito della regina non puó essere nemmeno un re, ma solamente un principe, figuriamoci se puó essere Dio? Eppure é cosí.

Nella minuscola isola di Tanna, nello stato oceanico di Vanuatu una parte della popolazione crede che il marito della regina Elisabetta II sia un Dio. Non si sa bene come sia nata questa credenza, ma attorno agli anno 50-60 inizió a diffondersi questo culto in base al quale principe sarebbe nato da un vulcano dell’isola, sarebbe andato oltremare per sposare una donna molto potente e un giorno avrebbe fatto ritorno (secondo il culto del cargo) per portare al suo popolo benessere e ricchezza.

Il principe Filippo, che forse forse tanto coglione non é, si é ben guardato dallo svelare al popolo di Tanna di non essere un Dio, anzi continua a mandare ai suoi discepoli foto autografate che vengono adorate come santini. Durante una visita di una rappresentanza di questo popolo in Inghilterra, venne chiesto al Dio quando avrebbe fatto ritorno sull’isola, ma il Dio Filippo riveló che i tempi non erano ancora maturi per un suo ritorno.

Alla morte del principe Filippo mi candideró per avere il suo posto. Deve essere proprio bello avere una vita da Dio 🙂

La vita in (un tutù) rosa

bench_the-tutu-project-465x346Ci deve pur essere un modo per uscire dal grigiore della vita quotidiana, e credetemi oggi é grigissimo. Fuori piove, fa freddo (7 gradi per me é in realtá gelo) e il pensiero che presto, anzi giá adesso, é inverno mi mette l’angoscia. Il pensiero di alzarmi la mattina per andare a lavorare, mi mette angoscia. La domenica sera mi assale l’ansia e il lune´di mattina mi devasta, ho proprio un problema a digerire i giorni della settimana e le stagioni. Quando sento che sto per esplodere, devo pur avere un pensiero positivo che mi distragga, che mi tiri fuori dal grigiore e mi faccia vedere la vita in rosa. Bisogna concentrarsi su cose, eventi e ricordi positivi. Bisognerebbe che tutti noi un po’ ingrigiti, ci spogliassimo e indossassimo un tutú rosa, e se non servisse a star meglio, almeno ci faremmo una risata.

Bob Carey ha fatto cosí ed é riuscito a far ridere sua moglie malata di cancro, e insieme a lei, tante altre donne malate di cancro al seno. Quando ha scoperto della malattia di sua moglie, ha utilizzato il suo mestiere e le sue qualitá di fotografo per tornare a far sorridere la moglie, per non buttarla giú nel grigiore e tristezza della sua malattia, per darle ancora un poco la forza per vivere una vita a colori. Cosí Bob ha deciso di ritrarre se stesso in un tutú rosa, nei luoghi piú disparati: Tra le scale mobili di Bloomingdales,  nel grand canyon, nel centro di un parcheggio deserti, in mezzo al traffico giornaliero di New york, tra i campi di grano..insomma nei posti piú assurdi dove non ti immagineresti mai di trovare un ciccione quasi nudo se non fosse per il mini tutú rosa. Da uno scopo del tutto personale é nato un vero progetto che ha lo scopo di raccogliere fondi nella lotta al cancro al seno. Bob ha pubblicato un libro Ballerina che si puó acquistare anche on line, e tramite l’acquisto di questo ognuno  di noi puó contribuire alla sua iniziativa.

D’ora in poi, quando di grigio non ne potró piú, penseró a Bob in tutú rosa, seduto su una panchina in un prato, tra 4 piccoli alberi, almeno potró sorridere un poco.