Eurovision

Per me l’eurovisione era solo SanRemo. Perché ricordo che questa sigla, con quelle che a me sembravano spighe, appariva sempre e quasi esclusivamente, all’inizio della trasmissione del famoso festival canoro. Ma allora il festival durava solo un fine settimana al massimo, e da allora le cose sono cambiate, ma la sigla, quella credo appaia ancora per una settimana di fila agli occhi degli italiani. Che poi invece il festival é del tutto ignoto all’estero, questo gli  italiani non lo sanno, che non viene trasmesso sulle reti nazionali estere anche questo lo ignorano.

Da quando abito co., in realtá da 54 anni, esiste un’altra manifestazione canora trasmessa in tutta europa, che prende nome proprio da quella sigla con le spighe: L’eurovision, senza le “E” alla fine, o anche GRAND PRIX. A parteciparvi sono tutti i stati membri dell’Europa, i quali presentano un loro cantante. Tutti veramente presenti, e anche di piú, tanto da confondermi le idee, giá che io in geografia nono sono tanto bravina, perché non sapevo l’Israele fosse uno dei paesi membri, cosí come anche l’azerbajan. Tutti presenti tranne l’Italia.

Io ignoravo l’esistenza di questa gara canora, e non sapevo nemmeno che in passato vi avesse partecipato il mio paese con Mia Martini, Modugno, la Cinguetti, Peppino di Capri etc.. Io non ricordo di aver visto tale manifestazione in tutta la mia vita precedente a quella crucca. Allora, quando l’Italia ancora c’era, presentava come proprio partecipante il vincitore del festival nostrano, e a chiudere la nostra partecipazione furono i Jalisse. No, non ci hanno cacciati via dopo la loro perfomance, anzi i Jalisse vendettero piú all’estero che in patria, ma ce ne andammo noi con le nostre gambine e siamo assenti dal 1997.

Il festival in questione dura solo una serata, e viene trasmesso in prima visione senza interruzioni pubblicitarie. Cioé senza una macchina, un assorbente, un dentifricio, una colla per dentiera che ti passi davanti. Intollerabile per il pubblico italiano che invece ama aggiornarsi piú volte nell’arco di una serata sui nuovi prodotti presenti nel mercato. Ma sará poi questa grande assenza? Forse si, perché l’eurovision é l’evento non sportivo piú seguito in europa, perché unisce un’intera nazione e familiarizza con le altre. Perché è si kitsch, ma puó riservare belle sorprese. E quest’anno la bella sorpresa è Lena, una diciannovenne di Hannover che ha unito ogni abitante in terra crucca, che fosse tedesco o no, che ha fatto sorridere i giornalisti e gioire, cantare a squarciagola e ballare ogni crucco.

Scoperta solo pochi mesi fa da Stefan Raab, un produttore televisivo, nonché presentatore, cantante e allora veejay di VIVA (canale musicale), Lena ha vinto un casting show televisivo e ha conquistato con la sua semplicitá, la sua allegria e la sua spontaneitá tutto il pubblico europeo. Ha vinto non solo perché la canzone era orecchiabile e allegra, non solo per la sua voce, per il suo strano accento inglese, ma anche perché ha conquistato tutti con la sua vitalitá e il suo carattere. E non ha vinto, ha STRAvinto, ancora prima che tutti gli altri stati avessero espresso il voto. Ho scoperto che sabato tutti, ma proprio TUTTI, stranieri residenti qui, hanno dato almeno una sbirciatina alla TV sabato sera per vedere se Lena ce l’avrebbe mai fatta. E ce l’ha fatta, lei, sola sul palco, senza effetti speciali, senza ballerini, solo con un tubino nero, e un filo di rossetto sulle labbra.

Magari arriverá anche in Italia: vi presento Satellite, di Lena Meyer Landrut

Il primo anno

Il primo anno é ingannatore, traditore e bugiardo.

Posso dire che il mio primo anno in terra crucca fu bellissimo. Arrivai a fine agosto 2005, e ricordo che fino a tutto settembre il tempo fu gradevole. Il mio primo inverno fu accettabilmente freddo. Solo una giornata ricordo gelida, col sole splendente e il vento che faceva lacrimare gli occhi, ma guai a lacrimare, perché ci si sarebbe tagliata la faccia con le lastre di ghiaccio che colavano sulle gote. La prima “vera” estate, goduta in pieno fu meravigliosa. L’estate piú calda che ricordo in Germania, l’estate dei mondiali, dei tanti stranieri, dei tifosi davanti i maxi schermo. Persino il 3 ottobre c’era ancora caldo.

Il primo autunno fu giallo e arancio e mite. Proprio un bell’anno.

Ma fu proprio quell’anno ad ingannarmi. Mi dissi che il clima non era poi tanto male qui e quindi avrei potuto resistere una vita in questa terra nordica. Da allora peró gli inverni sono diventati ogni anno piú rigidi, la primavera fa comparse sempre piú brevi e l’estate si dimentica di passare da queste parti.

E non sono io che inizio a sentire la nostalgia delle remote assolate spiagge siciliane, perché con chiunque parli, con qualsiasi italiano mi lamento del tempo, tutti dicono la stessa cosa: il primo anno non fu cosí, l’inverno non fu troppo freddo e l’estate fu lunga a calda.

Ora, o siamo arrivati tutti qui nel 2005 o il tempo si prende gioco di noi, ingannandoci e illudendoci tutti durante il nostro  primo anno.

Oggi é 24 maggio, é festa e piove 😦

Il primo anno non fu cosí

Parigi Vs BeLLino

Nonostante proprio cattolici non siano, e forse nemmeno credenti, due feste religiose i miei BeLLinesi non se le fanno scappare. Vero é che siamo il Bundesland con meno feste segnate sul calendario, che se me lo avessero detto sarei rimasta in Sachsen, dove hanno Il Reformationstag e Buß und Bettag, peró all’ascensione di Cristo e alla Pentecoste non hanno rinunciato. Himmelfahrt é stato giovedí scorso e quindi, indossati il loro giubbotto Jack Wolfskin, preso zaino, sandali e biglietto, i BeLLinesi si sono tutti dati appuntamento in Aereoporto la mattina presto. Chi per rimanere all’interno dei confini nazionali, a Mallorca, chi per viaggi oltre confine, i voli erano strapieni di Crucchi e di due piccoli terroncelli. In volo per Parigi.

Che dire della cittá? Che é bella e affascinante e romantica lo sanno tutti, quindi vi dico ció che piú si tace, o che forse viene offuscato dalla bellezza di questa capitale.

Inannzitutto Parigi é cara. Ma non cara soggettivamente, ma proprio cara. Dal 2009 detiene il primato di cittá piú cara al mondo, e per me che vengo da una delle piú economiche é stato un bel salto di qualitá. Il paragone con BeLLino, 10 volte piú estesa e con un milione e mezzo di abitanti in piú, é stato per me naturale, come non poter paragonare due grandi cittá, due capitali europee? E allora parliamo di prezzi: il Döner, turco, sotto casa costa 2.50€, quello greco parigino (perché turchi e greci si odiano, ma entrambi condividono lo Joghurt, il Döner, la feta etc..), chi ha lo stesso sapore di quello turco beLLinese costa 5€, il doppio. Inoltre, se si vuole risparmiare, non é facile trovare cibo da strada. A Parigi non si vede il Wurstellaro che arrostisce e vende Bratwurst, é piú facile invece trovare il creparolo, dove una semplice crepes con lo zucchero costa almeno 3€, contro l’euro e 20 del Bratwurst. I mezzi di trasporto invece hanno lo stesso identico prezzo. Se si pensa peró che BeLLino é appunto 10 volte piú estesa, allora il prezzo parigino, potrebbe apparire elevato. Salire fino all’ultimo piano della Torre Eiffel costa 16€ piú molta pazienza per fare l’interminabile coda, salire sulla torre di Alexanderplatz costa 10€ e nessuna fila. Si, ok so che il paragone é un pó irriverente, ma sempre antenne sono! Riguardo proprio i mezzi vi è qualcosa da aggiungere. Sia Londra, che BeLLino hanno un ring, una circle line, che si incrocia con tutte le altre linea e compie un cerchio attorno il cento della cittá. Questo tipo di linea manca a Parigi, e ció fasi che le distanze si dilatino, che bisogna spostarsi e cambiare piú volte per raggiungere la meta designata. è vero che la metro é efficentissima e  molto frequente, ma per effettuare un cambio, all’interno della stessa stazione metro, bisogna percorrere km sotto terra. I binari non sono infatti vicini, ma per raggiungere una linea da un’altra, bisogna salire, scendere scale, percorrere lunghi tunnel spesso adoperate come latrine dai senzatetto. Il tutto non sempre adagiato da scale mobili o ascensori, e se giá le mamme col passeggino hanno difficoltá, pensate un pó come sará per persone invalide o anziane. I treni sono inoltre penso abbastanza datati, e molto, molto stretti, tanto da non riuscire a contenere due file di sedili per lato, come qui, ma solo due e una. Riguardo la figura dei senzatetto, la loro presenza é massiccia. La sera pernottano sulle panchine delle metropolitane, al caldo, e per chi non trova posto non rimangono che le banche; davanti ai loro ingressi, si preparano le coperte per affrontare le notti.

Da sfatare invece é un mito: non ho trovato un parigino che si sia impuntato nel parlare la sua lingua dimostrandosi arrogante, anzi se si rivolgevano con me in francese cercavano di farsi capire anche a gesti o con parole piú semplici, e se il mio povero francese era insufficiente per proseguire la conversazione, allora parlavano in inglese.

Parigi mi ha ricordato un pó venezia, per i costi e per i ristoratori per strada che ti vogliono ad ogni modo buttare dentro i loro locale per svuotarti il portafoglio, ma almeno qui le auto possono circolare, eccome se circolano. Mi sembrava di essere un pó  a PaleMMo, nessuno che rispetta i segnali, né colori dei semafori. I primi giorni ho avuto difficoltá, ma poi ho ripreso le mie sane abitudini paleMMitane 🙂

Altra differenza che ho notato tra le due cittá è l’assenza di verde nella capitale francese. A Parte il Bois de Boulogne, che é in periferia, non esistono parchi o prati a disposizione del cittadino. Si si vedono belle aiuole, ben curate, dove peró è affisso il divieto di calpestarle e perfino di lasciar far i bisognini al proprio cane, poveri cani! Berlino invece vanta i suoi 892mq proprio grazie alla presenza massiccia di parchi, dove il piede crucco puó calpestare i prati, arrostirci wurst e giocarci a pallone. Non per questo sono poco curati o rovinati, anzi, sono un ricchezza del Berlinese che sa come rispettarlo.

Parigi é bella, bellissima. In ogni suo palazzo, in ogni balcone, finestra, ponte. è stupenda, elegante e sontuosa. Berlino non é altrettanto bella, non offre le stesse attrattive, ma é vivibile. Per le vacanze dai portafogli vacanti, o per viverci bene, consiglio BeLLino.

S.Nofriu Pilusu

Si dice che quando si perde e si cerca qualcosa, bisogna cercarla nell’ultimo posto dove si é vista.

Ho cercato la mia ultima risata, di quella che da far male lo stomaco tanto ridi e devi fermarti , altrimenti ti potrebbe scoppiare la pancia, e l’ho trovata in una sera d’inverno, in un tavolo attorniato da amici, a far passare la noia e il mal tempo giocando a mimare i titoli dei film piú assurdi. L’ho trovata durante il film “philadelphia” mimato da Zito facendo finta di spalmare una fetta di pane.

Ho cercato i miei soldi l’ultima volta che li ho visti sul mio conto, l’ultima volta che superavano i 1000€ ed erano segnati in un estratto conto preso lungo la Pragerstraße a Dresda.

Ho cercato la mia ultima estate, e l’ho trovata nel 2006, quando faceva caldo e c’era l’intero mondo a Lipsia, quando ho visto per la prima volta Zito.

Ho cercato la mia spensieratezza, e l’ho trovata nelle serate a Palermo, quando a 24 anni inizia a guidare e uscire con le amiche. E ho trovato Daniela, Carmen, Irene e Laura. Ho ritrovato i loro visi, le nostre chiacchere e il mio affetto per loro

Ho cercato di ricordare dove ho visto l’ultima volta Giulia, quella allegra, ottimista e impavida ma non riesco a ricordare l’ultima volta in cui l’ho vista. L’ho cercata tra le strade di Palermo, ma non sono piú sicura se hai tempi avesse giá acquisito tante paure e pessimismo; l’ ho cercata a Lipsia e in qualche piccola Gasse credo di averla intravista. La cerco ancora, da qualche parte dovrá pur essere.

Gelsi neri

Da piccola, i grandi si inventavano sempre qualcosa per non essere disturbati da noi bambini: a scuola era il gioco del silenzio a non snervare oltre la maestra quando era a secco di idee  su cosa farci fare, o quando l’emicrania era maggiore delle altre volte; finita la scuola c’era sempre e comunque l’ora del silenzio per lasciar riposare le povere membra e orecchie dei nostri genitori.

Anche in vacanza l’ora del silenzio ci perseguitava. Eppure quest’ora di silenzio, che poi erano almeno due, in campeggio per me era il canto delle cicale, i gioghi da bambini sussurrati per non essere rimproverati dai grandi e il russare di mio padre che mandava in frantumi ogni regola dell’ “ora del silenzio”. Quando in queste due ore noi bambine avevamo finito di costruire case erigendo mura di stuoie e pilastri di sedie pieghevoli, quando avevamo giá finito di soffiare tutti i palloncini di sapone possibili, dai maccheroni o dai rigatoni, quando non riuscivamo a far passare queste due ore, ci allontanavamo a raccogliere gelsi.

L’albero di gelsi era all’interno di una proprietá privata al di fuori del campeggio, terra tabú per noi bambine, le quali non potevamo spingerci oltre i cancelli del camping, eppure penso che i nostri genitori ne fossero consapevoli e che ci lasciassero andare in cambio di una ricompensa, sempre che noi non fossimo state troppo golose. Cosí varcavamo la soglia della proprietá privata e iniziavamo a raccogliere e mangiare gelsi neri. Non credo abbiamo mai incontrato il proprietario, non me ne ricordo, ricordo solo una vecchia casa abbandonata e l’albero di gelsi che gli faceva ombra. Una volta simo state poi scoperte da una coppia di coniugi i quali sostennero di essere nipoti del proprietario dell’albero, ci hanno lasciato raccogliere i succosi frutti, e anche loro hanno contribuito ad alleggerire i rami. C`era un muretto basso al lato dell’arbusto e noi ci arrampicavamo per cercare di raggiungere i rami piú alti. I frutti che non riuscivamo a cogliere finivano per tinteggiare il muretto e il suolo, e nutrire la formiche.

Finita l’ora del silenzio tornavamo dai gentori con un ricco bottino o solamente con le pance piene.

Sono passati piú di 20 anni da quelle ore del silenzio passate a mangiare gelsi. Da allora non ne ho mai piú mangiati e credo che anche se, non avrebbero piú avuto quel sapore, lo stesso sapore di un frutto rubato, e raccolto in punta di piedi, mangiato con le mani ancora sporche di salsedine del bagno mattutino

Baarìa

Guardare un film in siciliano con i sottotitoli crucchi non ha prezzo, anzi si, 9 euro a cranio. Perché in Germania i film si pagano in base al Kino, e vabbé gli Hackesche Höfe, terzo piano senza ascensore, avranno pure il loro fascino, e se si arriva alla cassa senza rischiare un infarto si potrá poi gustare un film in una sala che si e no ospita al massimo 30 persone. I Germania i film si pagano quindi in base al Kino e in base alla lunghezza, piú metri sono, piú si paga e Baaría é lungo, tanto lungo. All’ingresso peró puoi comprare una ciotola di pop corn o di coca cola, dove puoi potrai comodamente seduto al tuo posto fare la pipí, perché l’intervallo, col tipo che vende lascaretti, non c’è.

Ma vedere un film in siciliano coi sottotitoli in crucco non ha prezzo. Certo tradurre “testa di minchia” con Arschloch non rende allo stesso modo, lo stesso valga per altre espressioni molto colorite.

Bello vedere la mia Sicilia e quella dei ricordi della mia famiglia. Bella la mia terra, anche se poi il il film non é girato a Bagheria, ma l’effetto é quello. Eppure oltre i bei ricordi che Tornatore riesce a rievocare, oltre al riuscire a portare fuori l’isola certi colori, facce, parole e sensazioni, a mio parere non riesce a fare molto.

E quindi sparatemi se io non riesco a cogliere altro in questo film. Partiamo dal cast spropositato. Siccome c’era Ficarra, ci doveva essere Picone; di rilievo il personaggio interpretato da Luigi Lo cascio, cosí come quello di Fiorello, il fratello. Immancabile la Bellucci della quale si é vista solo una tetta, mentre “schiniava” con un muratore. Nei titoli di coda avrebbero semplicemente potuto inserire, piuttosto che “con la collaborazione di Monica Bellucci”, un semplice “grazie alla tetta, per la gentile comparsa”. E poi ci stavano dentro tutti gli attori siciliani piú o meno famosi: Gullotta, Burruano, Lo Verso, alcuni di Agrodolce etc…

Belle scene, storia raccontata all’interno di una perfetta cornice che apre e chiude la storia (anche se proprio il finale mi ricordava molto l’Ultimo imperatore), ma la storia in se, non ha lasciato molto. Peppino in Russia a visto cose incredibili, ma cosa? questo episodio, come molti e tanti altri rimangono nel vago, inconclusi, come se giá la narrazione richiedesse troppo tempo e quindi da qualche parte era necessario fare qualche taglio, altrimenti in tedeschia altro che 9 euro, almeno 15 ne avremmo dovuti pagare! E la figlia di Peppino? sembra condurre una lotta contra il padre, ma il tutto si conclude con una guerra punica, della quale non sapremo altro. Forse non c’é stato neanche in questo caso il tempo di far crescere e sviluppare questo personaggio. Come anche il personaggio interpretato da Raul Bova, sembrava dovesse condurre da qualche parte ma anche questo si eclissa subito come molti altri. Insomma l’impressione che mi ha dato é l’avere tanti fili che non siano riusciti peró a districarsi, e per tale motivo siano stati tagliati con una forbice per riuscire a sciogliere il nodo.

Tutti coloro che conosco e che hanno visto questo film, ne hanno parlato in maniera entusiastica, ma possibile che sia solo perché é sempre bello vedersi riflessi con un cannocchiale, che vede lontano nel tempo, che faccia sorridere risentire ancora una volta filastrocche perdute “dumani é dominica ci tagghiamu a testa..”?