come un vecchio maglione

Ieri, come ogni martedí fino a tutto febbraio, ero coricata a pancia in giú sul lettino dell#ortopedico aspettando che facesse il suo giro per l’agopuntura. Ogni martedi, allo stesso orario siamo almeno 3 o 4 pazienti, tutti nella stessa posizione, in stanze diverse, con i pantaloni scesi sui fianchi, il maglione arrotolato fino al seno, con la schiena scoperta attendendo quegli aghi. Magari poi invece gli altri pazienti fanno l’agopuntura in altre parti del corpo, ma io me li immagini tutti cosí, con le testa sul lettino e la schiena scoperta.

Sento il medico muoversi strisciando i piedi, lo sento entrare nelle stanze accanto, gli sento dire “Guten Tag” anche se fuori é buoi pesto e sono le 17, e dopo qualche minuto lo sento dire “bitte schön” e passare alla stanza successiva, al prossimo lettino, prossimo paziente, prossima schiena.

Guten Tag, bitte,schön

E tra un Guten tag e bitte schön infila gli aghi.

Fin quando il Guten tag e il bitte schön non sono per me, e gli agli per la mia schiena.

Mai una parola di piú, mai una parola diversa, tipo bitte sehr, o guten abend, o ordine inverso, No sempre uguale: Guten Tag. Bitte schön

Ieri peró mi ha sopreso. Tra il mio Guten Tag e il Bitte schön mi ha fatto una domanda: e quindi quanti bambini ha? Che li per li mi ha spiazzata, e ho semplicemente detto che non ne ho. Poi peró subito dopo il bitte schön non sono riuscita ad appisolarmi per i soliti 20min e mi sono messa a pensare.

Cioé, il medico non mi ha chiesto se ho bambini o meno, ma lo ha dato per scontato che li avessi. Da dove ha potuto evincere questa informazione, peraltro errata, su di me? E cosí ho pensato che deve essere colpa non tanto della mia dolorante schiena che non ha mai dovuto sopportare il peso di un ventre gravido o di un bimbo da cullare, quanto ha quei brutti solchi bianchi, a quelle smagliature incise nel fondo schiena e sui fianchi, dati che per fortuna non mi fa l#agopuntura al seno e non ha visto di quelle altre di smagliature!

Avrá pensato che quelle smagliature fossero il segno rimasto da una gravidanza, da dei fianchi ancora piú larghi ti quanto non lo siano ora, da un culone piú culone di adesso.

E io mi sono sentita come un vecchio maglione slabbrato, che a forza di stenderlo dal lato sbagliato e usarlo, e tirarlo giú sui fianchi affinché li copra ben bene, si é deformato, le maglie si sono allargate.

E come un vecchio maglione slabbrato avrei tanto voluto mettermi in lavatrice, a 60gradi con la centrifuga, che magari sarei tornata piccina piccina

Partire

che poi no, non parto, anzi rimango, ma solo fino al 30. Peró giá la partenza mi mette ansia.

E non ho l’ansia di fare la valigia, che cosa diavolo ficcarci nella valigia, che tanto lo so, tutto quello che non metto qui perché troppo leggero o sciccoso, che tanto qui non lo capiscono manco cosa é chic.. E nemmeno ficcarci poi tanto dentro, che poi sennó i libri in piú del ritorno dove li metto?

Non ho l’ansia del volo, nausee o paure varie. Ho l’ansia degli incontri.

Da quando abito in Germania ho notato che tutte le persone con le quali ho rotto, perché il nostro rapporto é finito diciamo malino, si sono trasferite di botto in Germania, ma non in qualsiasi pare della Germania, proprio nel Mitteldeutschland o a Berlino.  I motivi sono due: o si sono trasferiti qui perché non possono comunque fare a meno di me, e sperano di incontrarmi irgendwann (adoro questa parola) in questa metropoli, magari per sputarmi in faccia, chi lo sa,; oppure lo fanno apposta.

La mia ansia pre-partenza, scaturisce dal terrore di incontrare qualcuno di questi soggetti in aeroporto. Che poi vabbé l’aeroporto é grande e mi posso facilmente defilare, infilarmi al cesso fingendo un’improvvisa scarica di diarrea, cosa poco credibile, o fare finta di non avrlo/a visto/a. Ma quando si prende tutti lo stesso aereo verso Palermo (due voli perché con scalo, ergo due aeroporti dove doversi evitare) é ancora piú difficile evitarsi. Se poi il destino é beffardo magari i posti assegnati sono pure vicini. Se poi una delle persone che non vorresti MAI piú incontrare fa l’assistente di volo in una delle poche compagnie che collega (ma sempre con scalo, non sia mai un volo diretto!) Berlino con Palermo, l’ansia auimenta.

Devo dire che la scelta di non partire prima di Natale é forse stata inconsciamente strategica, ormai chi doveva partire é partito, e chi non dovevo incontrare non lo incontreró..ma non si sa mia..io c’ho l’ansia…

Cinzia e i racconti dell’orrore

Oggi in palestra, ormai divenuta mia continua fonte di ispirazione, tutto ad un tratto negli spogliatoi mi sono messa a pensare a mia cugina Cinzia. Io in realtá Cinzia non la ho mai conosciuta, mai vista, perché é morta prima ancora che io nascessi.

Mia cugina é stata una presenza costante nella mia vita,  che mi tornava in mente soprattutto in bagno. Non pensate male, ma lei apparteneva a quelle storie, ai racconti dell’orrore che le mamme e le nonne raccontano affinché ti comporti in un certo modo. Un classico esempio di questo racconti dell’orrore é quello delle mutande. Mia nonna, per farmi capire quanto fosse necessario cambiarsi la biancheria intima giornalmente mi diceva ” pensa se ti succede qualcosa e ti dobbiamo portare all’ospedale, che figura ci fai con le mutande sporche?” Che io a mia nonna avrei tanto voluto dire: 1. che cazzo ci avrá il medico da guardare nelle mie mutande? 2. Penso che i medici abbiamo qualcosa di piú importante che giudicare le mie mutande zozze 3. se mi portano all’ospedale giá mi caco di sopra, quindi cambiate o no, le mutande sempre sporche di merda sarebbero.

Ecco Cinzia apparteneva a questa tradizione delle storie dell’orrore. Mia cugina, in realtá cugina di mia madre, morí appena maggiorenne o forse poco meno, in bagno, facendosi la doccia per colpa della stufa elettrica. Non so quale sia stata la dinamica, se ha toccato la stufa ancora bagnata a scalza, o se la stufa é caduta nella vasca..non ho mai indagato oltre, so solo che ogni volta che mi facevo il bagno o asciugavo i capelli col fon, i rischi di morte a memoria di Cinzia mi venivano ripetuti piú volte da mia madre. “Asciugati i piedi che muori!”, “Metti le ciabatte che muori”,” non accendere la radio o la stufa in bagno che cadono nella vasca e muori”, “attenta che fai la fine di Cinzia e muori!”

A me sta cosa mi ha terrorizzato e da quando sono in grado di lavarmi da sola, sto sempre molto attenta

Ieri in palestra ho fatto la doccia, lo shampoo. Prima di vestirmi mi sono asciugata per bene, ho messo le scarpe e sono andata davanti allo specchio per fonarmi i capelli. Accanto a me c’era una ragazza che si asciugava i capelli, come me, ma diversamente da me era completamente scalza.

Avrei tanto voluto dirle, attenta che fai la fine di Cinzia e muori.