La pastina della consolazione

Quando ero piccola tutti i fine settimana da pasqua fino alla fine della scuola, li passavamo in campeggio. Avevamo un’Adria posteggiata tutto l’anno a Cefalù o a Scopello, anzi da piccolissima era sempre Scopello, poi solo Cefalù, poi di nuovo Scopello per concludere il nostro periodo roulottistico di nuovo a Cefalù. A Cefalù il campeggio era sul mare, ma per arrivare in spiaggia c’erano 88 gradini, che all’andata non pesavano, ma al ritorno si.
A Scopello invece dovevamo prendere l’auto per andare in spiaggia, e qui fare ancora un centinaio di gradini, che come si dice dalle mie parti “a scendere tutti i santi aiutano” a salire no. La ricompensa era però l’andata al paese di Scopello e il pane caldo appena sfornato del forno a legna, che mangiavamo lungo la strada di ritorno verso il campeggio, ustionandoci il palato. Continua a leggere

Il 23 maggio

Io non sono brava con le date. Se non vi faccio gli auguri per il compleanno, è perché non so nemmeno che giorno sia. Normalmente
Oggi invece lo so benissimo che giorno è.
Oggi mi sono svegliata con la voglia di piangere, e non perché è lunedì e ho mal di testa e mi sarei presa volentieri un giorno libero per dormire. Ma perché ricordo esattamente quella telefonata del 23 maggio. Quell’avvertimento “non andate in campeggio, non c’è più l’autostrada, non si passa oltre quella voragine”.
Noi ogni fine settimana andavamo in campeggio a Scopello, per poi trasferirci definitivamente una volta chiusa la scuola. Quel fine settimana no.
Poco prima di arrivare all’aeroporto avevano fatto saltare un pezzo di autostrada. Fino ad allora l’aeroporto si chiamava semplicemente Punta Raisi, dopo qualche anno fu chiamato Falcone -Borsellino, dai due magistrati uccisi dalla mafia, la stessa che fece costruire l’aeroporto li, perché lo voleva così Tano Badalamenti, quello che anni prima fece uccidere Peppino Impastato.
A Palermo è cosi, i nomi delle strade ricordano stragi, persone uccise dalla mafia, ognuno di questi luoghi, indicati da una targa, segnano il punto dove “è morta la speranza dei palermitani onesti” come giustamente è scritto in via Carini, dove hanno ucciso Carlo Alberto Dalla Chiesa. Io non saprei nemmeno dove si trova Via Carini, ma so dove hanno ucciso il generale. Questi luoghi sono diventati ormai di riferimento. Via Notarbartolo non è la via dedicata al banchiere guarda un po’ ucciso pure lui dalla mafia a fine ‘800, no è la via dell’albero di Falcone, per anni meta di pellegrinaggio dei palermitani onesti. Via D’Amelio la si conosce solamente per la strage del 19 luglio, a meno che non ci si abita, e via Pipitone Federico è dove hanno ucciso Rocco Chinnici e così via.
Se andate a Palermo, non tornate stupiti del fatto che vi aspettavate il far West e invece è un luogo tranquillo, la mafia non si vede. Andate in via Cavour dove la mafia ha ucciso il magistrato Costa, o in via Di Blasi dove hanno ucciso Boris Giuliano, o ancora in via della Libertà, un tempo strada di ville, distrutte dal sacco di Palermo, dove uccisero Piersanti Mattarella, fratello del nostro presidente della Repubblica. Andate in tutti questi luoghi e cercate la targa che ne ricorda la tragedia. Perché non è vero che la mafia non si vede, basta studiare il passato, il presente e alzare lo sguardo per cercare la targa che indica il punto in cui la speranza di ognuno di noi è morta.
La mia è morta in quel punto dell’autostrada verso l’aeroporto. E me lo ricordo ogni volta che arrivo e ogni volta che vado via. E oggi. Perché il 23 maggio 1992 ho capito per la prima volta cosa è la mafia.
È una montagna di merda.