…e Siracusa?

Dopo Barcellona, i miei alunni hanno scoperto un´altra cittá della mia isola.

Ieri ho dovuto convincere due signore, entrambe laureate e donne in carriera, del fatto che Siracusa non si trovi in Grecia.

A testimonianza della mia, per loro assurda, affermazione, é accorsa la cartina dell´Italia posta dietro la copertina del libro di testo. Ho dovuto poi in seguito spiegare la presenza di un teatro greco nella cittá, ormai, siciliana.

Barcellona é (anche) in Sicilia

Capisco perfettamente che non essendo alta-bionda-occhi blu, non possa essere scambiata per tedesca, ma il mediterraneo é abitato da altre popolazioni che non siano necessariamente spagnole. Allora perché noi italiani in generale veniamo sempre scambiati all´estero per spagnoli? Nei miei corsi gli alunni rispondono ogni tanto in spagnolo alle mie domande, perché per loro le due lingue sono uguali.

 Il Kinder Bueno si chiama cosí perché viene dall´Italia, figurarsi che fino poco tempo fa, in Tv lo spot di questo prodotto veniva fatto da una modella che si spacciava per insegnante di italiano, che diceva alla sua classe che “Genuss” (piacere, godimento) in italiano si dice “Bueno”, ho impiegato mesi per far capire ai miei alunni che non é così.

Del resto, se una persona viene da Barcellona, non é detto che venga dalla Spagna, ma probabilmente dalla provincia di Messina, in Sicilia.

La scorsa settimana ero con un amico, anch´egli italiano, in un centro commerciale e stavamo acquistando una camicia. La commessa comunicava con me e io traducevo all´amico in italiano. Ad un certo punto la tedesca si é rammaricata del fatto di non saper parlare spagnolo, l´ho confortata dicendole che nemmeno io ne ero in grado.

Posso comprendere le loro difficoltà, dato che alla loro orecchie le due lingue, italiano e spagnolo, suonano molto simili, ma perché pensano alla Spagna piuttosto che all´Italia?

Certo per noi é piú semplice riconoscere un tedesco quando é fuori dal suo habitat naturale. Se nel febbraio italiano un uomo indossa calzoncini, canottiera, sandali e calzettoni, non c´é alcun dubbio, é tedesco!

il giorno del pentimento

 Lo Yom Kippur é il giorno del pentimento secondo la tradizione ebraica. In questo giorno, che cade in genere tra settembre e ottobre, i praticanti di questa religione, si astengono da qualsiasi attività lavorativa, dal vestirsi, lavarsi, truccarsi e si dedicano esclusivamente alla preghiera e al digiuno.

Anche la chiesa protestante di Lutero celebra qualcosa di analogo, il Buß und Bettag, rimasto ora tra le festività della sola Sassonia, la quale preferisce vedersi trattenute piú tasse dalla busta paga, piuttosto che rinunciare ad un giorno di “preghiera e pentimento”.

Giona cominciò a inoltrarsi nella città per una giornata di cammino e proclamava: «Ancora quaranta giorni, e Ninive sarà distrutta!»
 I Niniviti credettero a Dio, proclamarono un digiuno, e si vestirono di sacchi, tutti, dal più grande al più piccolo. E poiché la notizia era giunta al re di Ninive, questi si alzò dal trono, si tolse il mantello di dosso, si coprì di sacco e si mise seduto sulla cenere. Poi, per decreto del re e dei suoi grandi, fu reso noto in Ninive un ordine di questo tipo: «Uomini e animali, armenti e greggi, non assaggino nulla; non vadano al pascolo e non bevano acqua;  uomini e animali si coprano di sacco e gridino a Dio con forza; ognuno si converta dalla sua malvagità e dalla violenza compiuta dalle sue mani. Forse Dio si ricrederà, si pentirà e spegnerà la sua ira ardente, così che noi non periamo».
 Dio vide ciò che facevano, vide che si convertivano dalla loro malvagità, e si pentì del male che aveva minacciato di far loro; e non lo fece.
(Giona 3, 4-10)

Dio, mosso dal sincero pentimento dei Niniviti, li perdonò e si pentí delle proprie intenzioni. Domani mi pentirò di non aver visto e apprezzato la bellezza delle cose, e vorrei che Dio (o chi per lui) si pentisse di avermi reso cieca.