Ciavuru

Quando ci sono, certi odori, non te ne accorgi nemmeno. Sei cosí tanto abituato a sentirli, ad averci le narici immerse dentro, che nemmeno li distingui piú, e ti dimentichi che esistono. oI mi sono accorta degli odori della mia infanzia, della mia terra, ora che entrambe sono lontante e da tanto tempo.

La mattina non mi sveglio con l’odore del caffé fatto da papá, non esco di casa percependo dalla strada u ciavuru dello sfincione, non c’è nemmeno piú l’odore del mare.

Ricordo una volta, quanti anni fa, Giulia? Da quanto tempo non ti godi l’afa estiva PaleMMitana, ricordo di essere scesa dall’aereo un 15 agosto, di sera. Giá sulla rampa l’odore aspro del mare e maschio del castrato arrostito mi avevano inebriata. Lungo il tragitto dall’aeroporto a casa facevo raccolta di odori: il doposole, la crema abbrozzante, la salsedine, i frutti di mare, mamma e papá sui sedili davanti. Anche i loro odori mi mancano. E l’odore di casa, quella a Palermo, appena apro la porta mi accoglieva a braccia aperte. Ricordo che quando ero bambina, e stavamo tutta l’estate al campeggio o in giro, al mio rientro mi piaceva sentire l’odore di casa. Mamma diceva che era puzza di chiuso e per questo motivo andava ad aprire la finestra, ma quello era per me l’odore dei miei giocattoli, della mia stanza, dei miei libri di scuola, delle mie penne che tra poco avrei nuovamente impugnato. Non aprire la finestra mamma, lascia che loro riprendano possesso di me.

Da quando abito qui a volea, camminando per strada, sento odori di stomaco, odori rievocati non dalla mia memoria, dalla mia testa, ma dal mio stomaco e dal palato. Un odore che spesso ricorre é quello dei polpi murati, non so perché, non mi sono mai nemmeno particolarmente piaciuti, eppure lo sento. A volte é il soffritto di cipolla a destare nel mio stomaoi ricordi di una base per pietanze ghiotte. Ieri invece sono state le patate bollite, ma non quelle bollite a casa, bensí quelle del putiaru, cotte in quel calderone che  conferisce loro un sapore e un odore che mai, e poi mai potranno avere nelle pentole casalinghe. E ho sentito l’odore dell’altro calderone suo fratello, dove limoni spremuti e ormai inermi fanno il morto a galla, mentre i cacoccioli sguazzano nell’acqua che li ha resi teneri e saporiti. Ho sentito questi odori, ma il putiaro non c’era.

Vorrei fare scorta di questi odori la prossima volta che sono in Sicilia, vorrei trattenerli per un pó di tempo, come si fa con le stigghiole, quando passando con l’auto, si chiudono di corsa i finestrini per godere piú a lungo di quell’odore che giá rende sazio lo stomaco.

6 pensieri su “Ciavuru

  1. ed io vorrei poterti fotografare mentre aspiri e ti inebri dei profumi della tua terra, sono sicura che sul viso avresti un’espressione indescrivibilmente magnifica 🙂

    (ed io che qui a Milano soffro la nostalgia di Roma, dell’odore dei suoi sampietrini assolati, del suo passato… quasi quasi mi vergogno…)

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  2. I tuoi ricordi hanno sempre un buon odore!
    E i tuoi odori preferiti sono anche i miei. Veramente.
    Peccato che per adesso c’è veramente tanta tanta puzza…
    E credimi, non mi dispiacerebbe inebriarmi con l’odore della zuppa di cipolle!
    Però, ciò che mi frega è u ciavoro ‘ru crasto arrustutu

    P.S.: ho paura che forse sia necessario qualche sottotitolo.
    Sai, per quelli da Eboli a Berlino…:D

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